Per la sua opera che rappresenta la Turchia alla Biennale, Hüseyin Alptekin ha scelto il titolo di “Non lamentarti”, conscio del fatto che cercare di ovviare ad una insoddisfazione tramite una lamentela è solo fiato sprecato. Cercare di risolvere l’insoddisfazione in questo modo è una dimostrazione di superiorità, in quanto già il monito “non ti lamentare!” implicitamente spera che il “lamentante” si accontenti di ciò che già ha. I nostri dubbi sono inoltre accentuati dal fatto che non sappiamo se in principio esisteva o meno un’insoddisfazione o se il monito in realtà è una sorta di precauzione. Il titolo trova la sua forma fisica in un tabellone luminoso, estrapolato dal confuso sistema creato dalla pubblicità a cielo aperto ed in constante sviluppo che si trova per le strade di Istanbul. Questo tipo di pubblicità si sviluppa nell'ambito di un'economia globale, in un contesto locale che vede la combinazione, realizzata senza particolari sforzi, della tecnologia avanzata e scadente con l'artigianato locale e con lo sviluppo tecnologico. In qualità di etico ricercatore, Alptekin nutre da tempo un certo interesse all’ambiente privo di autore. In tale contesto la realizzazione di Alptekin costituisce il ritorno di un'esperienza mentale che l'artista provò a Tiblisi, capitale della Georgia. L’opera consta di cinque singole celle a sé stanti, aventi un ingresso a semi arco. Il punto di partenza è una disposizione conviviale che si consuma in locande situate intorno ad una piazzola e separate da cabine. Tale disposizione permette ai clienti di poter godere di una dimensione diversa dagli altri, senza l’obbligo di instaurare dei legami. Gli ospiti riescono quindi ad alienarsi dalla catarsi e dal delirio degli altri. In ogni cabina vi sono dei video, composti dalla successione di centinaia di singole immagini, alcune lineari ed altre no, alcune sonore ed altre mute, registrazioni di momenti casuali e non essenziali, miti anonimi che non fanno storia e di azioni che normalmente eludono la nostra attenzione. I video, intitolati “piccoli fatti”, provengono da numerosi Paesi quali la Turchia, il Kosovo, l’India ed il Brasile. Sono tutti luoghi che negli scorsi anni Alptekin ha eletto a propria dimora. Alptekin non è alla ricerca di una mediazione con l’Altro ma delle ombre condivise. Il “Fatto di Bombay”, che si svolge sulla spiaggia di Juhu Tara, ed il “Fatto di Rio de Janeiro”, che si svolge sulla spiaggia di Ipanema, si piegano senza difficoltà l’uno sull’altro, senza essere stati progettati come uno stile di vita o pianificati dai desideri delle classi divenute facoltose. Questi piccoli avvenimenti generano un orizzonte comune. Il profondo attaccamento alla vita senza fondo della globalizzazione ed all’universo delle essenze insolite è collegato alla peripatetica esistenza e alla sua “fuga” da casa e dal contesto locale di Alptekin. Gli incessanti lavori intorno ad altri ambienti mentali conferiscono all’artista una conoscenza ed un modello di lavoro a sé stante. L'opera è stata approntata a Vaasa, in Finlandia, come contributo dell'artista al programma Platform Vaasa patrocinato dal progetto "Cheap Finnish Labour" e BRG: Barn Research Group [Johan Ångerman, Peter Båsk, Camila Rocha, Cemali Marino, Hüseyin Alptekin].
Vasýf Kortun